Fibrosi polmonare idiopatica e traffico

Le aree ad alti livelli di biossido di azoto sono strettamente correlate all’insorgenza di un’insidiosa malattia che riduce la funzionalità polmonare con formazione di tessuto cicatriziale al posto di quello sano: è la fibrosi polmonare idiopatica. Questo è il risultato di uno studio recente condotto da un team di ricercatori italiani e americani che sarà presentato ufficialmente al Congresso annuale della European Respiratory Society a Milano nel mese di settembre.

Incrociando i dati che si riferiscono ai malati di fibrosi polmonare (15 mila in tutto il paese, con un aumento pari a 4500 unità l’anno, perlopiù ex fumatori) e i dati che si riferiscono alla concentrazione di biossido di azoto in varie zone della Lombardia (la prima regione esaminata), i ricercatori hanno osservato un’incidenza maggiore di malati nei luoghi dove l’inquinante da traffico si attestava a livelli alti, spesso al di sopra del livello consentito dalla normativa europea (le quantità nell’aria variavano dai 40 ai 60 microgrammi) nel periodo tra il 2005-2010.

Purtroppo si tratta di una malattia dalla prognosi decisamente infausta, in quanto dopo 3 anni solo il 50 % dei malati risulta ancora in vita; è per questo che lo studio è particolarmente importante (nonostante il biossido di azoto non sia l’unica causa ma probabilmente un’importante concausa) per un lavoro di prevenzione.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

 

La sorgente del Po sul Monviso a secco

Con la sorgente del Po sul Monviso (2.020 m di altitudine) a secco, la vasta area della Pianura Padana, abitata da 16 milioni di persone, subisce danni ingenti all’agricoltura e all’allevamento; oltre un terzo della produzione agricola va in fumo e così anche metà degli allevamenti. La Coldiretti lancia l’allarme in quanto sono in pericolo molti prodotti che costituiscono la base della dieta mediterranea come grano, pomodoro, frutta, formaggi e insaccati. Oltre alla catena di prodotti sono a rischio anche migliaia di posti di lavoro. Ovviamente responsabile è la calura anomala di quest’estate 2017 e soprattutto l’assenza di piogge, paragonabile solo all’estate 2003.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Ricerche di petrolio al largo di Leuca (Salento)

Legambiente Puglia lancia l’allarme per il permesso ottenuto dalla società petrolifera Global Med LLC per le ricerche di petrolio al largo di Santa Maria di Leuca: verranno utilizzati degli airgun, ovvero cannoni ad aria compressa che provocano onde sismiche sottomarine in grado di scandagliare i fondali attraverso rilevatori sonori per verificare la presenza di petrolio.

La tecnica dell’airgun è estremamente pericolosa per la fauna e la flora marina a causa della sua potenza in grado di perturbare gli ecosistemi marini; inoltre vi è un problema di estensione dell’area in cui si effettueranno le ricerche, in quanto l’area in questione è contigua ad altre due delle stesse dimensioni, col pericolo di trovarsi le trivelle a poco più delle 12 miglia nautiche dalla costa, ovvero la zona di interdizione confermata anche dal referendum abrogativo del 2016.

Nonostante le denunce di ambientalisti, cittadini e amministrazioni locali, il governo fa orecchie da mercante e preferisce continuare a svendere e pregiudicare lo sviluppo sano e sostenibile del territorio pugliese, in favore delle società petrolifere che concentrano la ricchezza energetica nelle proprie mani.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

L’uragano Irma minaccia la Florida

A pochi giorni dal disastroso passaggio dell’uragano Harvey, che ha portato un gran numero di morti e danni per centinaia di milioni di dollari, arriva in prossimità delle coste della Florida l’uragano Irma, categoria 5, uno dei più potenti degli ultimi 10 anni nella zona: soffia con venti a 300 km/h e lambisce i Caraibi con le sue piogge torrenziali, alluvioni e innalzamento delle acque sulla costa. Le Isole Vergini, Puerto Rico, Barbados, Antigua, Barbuda, Saint Kitts e Nevis, St. Martin e St. Barthelemy sono alcune delle località in cui è scattata l’allerta. Dopo il passaggio nei Caraibi, l’uragano colpirà probabilmente la costa della Florida e la popolosa città di Miami.

Il presidente Trump ha già dichiarato lo stato di emergenza e sono stati diramati ordini di evacuazione per la popolazione e i turisti presenti. L’American Airlines ha cancellato i suoi voli sulla Florida, elicotteri e Guardia Nazionale si mobilitano (di ritorno dal Texas) mentre la gente si è attivata per assicurarsi le scorte di cibo, acqua, generatori e medicinali.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Allarme per l’erosione delle coste italiane

Negli anni ’80 i km di spiaggia in arretramento in Italia erano 600; oggi sono più che raddoppiati nonostante barriere di protezione poste al tempo della Commissione De Marchi per la difesa del suolo. Si può dire senza dubbio che la situazione è molto peggiorata anche a causa di questi interventi spot che hanno finito per aggravare il tutto, con costi enormi per il nostro paese, che si aggirano intorno ai 4,5 miliardi di euro. Molti sindaci hanno posto barriere in cemento e altre forme temporanee di protezione a puro scopo elettorale, senza capire che andavano spesso a danneggiare le spiagge vicine e i loro fragili equilibri naturali. Ad Ostia, ad esempio, gli interventi estemporanei tra 1990 e 2015 hanno fatto passare da 50.000 a 120.000 metri quadrati la parte di litorale soggetta ad erosione (con una spesa totale di 50 milioni di euro). Ma è solo un caso tra tanti. Gli interventi con sistemi di protezione rigidi sono fallimentari a detta dei geologi, infatti solo spostando la sabbia estratta da depositi marini si può sperare di arginare il problema (sistema già messo in atto a Copacabana e Miami ad esempio), non certo “murando” il mare. A parte i sistemi sbagliati per arginare l’erosione marina, c’è il problema dell’industrializzazione e urbanizzazione delle aree costiere che si espande a spese della difesa e la conservazione ambientale. Molti porti ed edifici di varia tipologia sono stati costruiti attuando un vero e proprio assalto al territorio; la cementificazione selvaggia con dighe, cave, strade e altre infrastrutture sta presentando il suo conto sul paesaggio ormai devastato dall’irresponsabilità di coloro che hanno costruito senza mai porsi il problema delle conseguenze sull’ambiente. Il cambiamento climatico inoltre sta portando l’innalzamento dei mari e molte spiagge entro fine secolo potrebbero sparire completamente ; per questo motivo è necessario ripensare in tempi rapidi il nostro rapporto col territorio e porre rimedio ai danni perpetrati sulle nostre coste spostando la sabbia e non cementificando ancora.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”