L’uragano Harvey negli USA

L’uragano Harvey è il più potente ciclone che abbia mai colpito gli USA da più di un decennio, motivo per cui il presidente Trump ha proclamato lo stato di calamità naturale per il Texas; l’uragano ha colpito nella serata la costa con venti sferzanti, fino a 200 km/h, col suo occhio puntato sulla zona nord est di Corpus Christi, tra Port Aransas e Port O’Connor. Harvey ha portato con sé piogge devastanti e inondazioni e, nonostante sia stato declassato da categoria 4 a categoria 3, ha costretto migliaia di persone a fuggire dalle proprie case e ha provocato inondazioni a Houston, la quarta città più popolosa degli Stati Uniti. Le previsioni lo paragonano addirittura all’uragano Katrina per intensità e danni a cose e persone (si contano già delle vittime).

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”

Il riscaldamento globale altera il regime delle alluvioni in Europa

Uno studio pubblicato su Science, frutto del lavoro di un team internazionale guidato dall’Università di Vienna e a cui hanno partecipato anche due docenti dell’Università di Bologna, ha mostrato per primo come il cambiamento climatico, nello specifico il riscaldamento globale, abbia alterato il regime delle alluvioni in Europa. A causa dello scioglimento sempre più anticipato delle nevi, la parte nord orientale del Vecchio Continente subisce alluvioni e inondazioni a inizio primavera, con in media un mese di anticipo rispetto agli anni ’60-’70. L’area adriatica e mediterranea invece subisce gli stessi fenomeni nel tardo autunno, con uno slittamento in avanti di un mese rispetto a quarant’anni fa.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Addio sci d’estate

L’impianto sciistico dello Stelvio (Bolzano), a 3000 m di altitudine, non ha mai interrotto la sua attività nemmeno d’estate in ben 50 anni: quest’anno la situazione è talmente catastrofica che le piste chiudono fino a data da destinarsi. Tre centimetri di neve fresca certo non sono sufficienti per coprire i crepacci che si formano a causa dello scioglimento del ghiacciaio, che oggi anziché essere coperto di neve (come sarebbe normale a fine agosto) presenta alla vista il colore grigio delle sue rocce, della polvere e pure della sabbia africana che si è accumulata durante il passaggio degli anticicloni estivi. Lo Stelvio, valico più alto d’Europa, era l’unico luogo rimasto sulle Alpi italiane dove si poteva sciare per tutto l’anno: gli impianti della Marmolada avevano chiuso i battenti d’estate nel 2007 dopo una lunga agonia, seguiti da quelli del Presena e della Val Senales nel 2013.

Purtroppo i ghiacciai alpini stanno subendo un’erosione inesorabile da almeno quarant’anni e i teli estivi sono solo una cura palliativa per un male terminale. L’acqua scorre incessante dal corpo principale del ghiacciaio della Vedretta del Madaccio e lo zero termico è fissato a 4000 m, per cui, come sottolinea il direttore delle funivie dello Stelvio, pochi altri impianti (solo quelli sul Plateau Rosa e a Sass Fee) sono graziati dal problema dell’assenza di neve. Lo sci estivo sembra una disciplina destinata a sparire molto presto a causa dello scioglimento dei ghiacciai, che sta avvenendo ad una velocità spaventosa. Lo sci invernale sembra invece pronto ad affrontare nuove sfide: in Val Gardena le aziende Demaclenko e TechnoAlpin si contendono il settore della neve artificiale, rivaleggiando nell’obiettivo di produrre quest’ultima anche a temperature superiori allo zero. Il business dello sci è troppo ghiotto anche in tempi di cambiamento climatico e c’è da scommettere che le aziende del settore non si arrenderanno facilmente.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Microplastica: il suo profumo inganna i pesci

Una ricerca americana pubblicata su Proceedings of the Royal Society B, ha dimostrato che i pesci non ingeriscono le pericolose microplastiche solo per caso, ma che ne sarebbero, a certe condizioni, addirittura ghiotti. Sei banchi di 200-400 acciughe separati nell’acquario di San Francisco sono stati esposti a tre concentrazioni diverse di krill (organismi di cui si nutrono normalmente i pesci di piccole dimensioni) e microplastiche/zuppa di plastica. I pesci si sono avventati con gusto su entrambi: perché? Pare che le microplastiche rimaste a macerare con sale marino, acqua, alghe e un mix di batteri per settimane in mare, diventino, a causa del loro odore, un pasto gradito per gli organismi marini. Le microplastiche “fresche di fabbrica”, al contrario, sono state totalmente ignorate dai pesci. Sappiamo che 10 milioni di tonnellate di plastica all’anno vengono riversate nel mare e ci mettono davvero poco tempo a ridursi a frammenti minuscoli, che finiscono nello stomaco dei pesci, dei molluschi, delle foche e dei gabbiani. La novità è che la zuppa di polipropilene e fibre tessili sintetiche possa diventare un pasto ambito per i pesci dopo il processo di macerazione e “marinatura” che avviene in acqua. La Fao ha sottolineato in un documento da 150 pagine sulle microplastiche il fatto che sappiamo troppo poco sugli effetti che l’ingestione di pesci (che si sono cibati di residui plastici) può provocare sugli esseri umani. Per quanto riguarda i pesci a cui si rimuove l’apparato digerente prima di essere cucinati, il rischio è decisamente ridotto, mentre per ciò che riguarda i molluschi (che vanno mangiati interi) il rischio è maggiore. Per esempio, con l’ingestione di 225 grammi di cozze si avrà un’ingestione di circa 7 microgrammi di plastica (che se aggregati ad altri contaminanti tossici potrebbero causare una reazione infiammatoria nei tessuti).

E gli effetti delle nanoplastiche (inferiori a 100 nanometri, milionesimi di millimetri) sono ancor meno conosciuti. La situazione potrebbe aggravarsi con l’aumento della produzione industriale di plastica e gli effetti sulla salute umana sono, ad oggi, imprevedibili.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Sierra Leone: 300 morti per una frana

In Sierra Leone un fiume impetuoso di fango e detriti causato dalla combinata azione di un alluvione e una frana ha spazzato via due quartieri (composti perlopiù da case abusive) della capitale Freetown, uccidendo centinaia di persone e ferendone altrettante. Molte persone sono rimaste senza casa dopo aver assistito alla scena terrificante del fiume di fango che abbatteva edifici e trascinava via persone. Tra le vittime purtroppo ci sono un’ottantina di bambini e forse la conta dei morti non è finita, perché sotto i detriti potrebbe essere intrappolato un gran numero di cadaveri, tra cui presumibilmente molti dei dispersi.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”