Giugno caldo record quasi come nel 2003

In Italia l’estate più rovente dall’inizio della misurazione delle temperature è stata registrata nel 2003, quando il monsone africano era perdurato tre mesi, da maggio a luglio. Tuttavia pare che al secondo posto, secondo dati dell’ Isac-Cnr, ci sia il giugno del 2017, in cui il caldo torrido è stato spezzato solo da una perturbazione atlantica giunta sulla penisola a fine mese. In questi giorni il caldo ha di nuovo colpito con temperature percepite fino a 40 gradi in alcune città, ma già da giovedì o venerdì la temperatura cambierà per il passaggio di temporali prima a Nord e poi a Sud.

A cura di M.B.

DA “ANSA.IT”

Salvate il pinguino imperatore: rischio estinzione entro 2100

La Woods Hole Oceanographic Institution, un ente privato di ricerca americano, sulla base di uno studio pubblicato su Biological Conservation, ha chiesto che il pinguino imperatore sia inserito nella lista delle specie a rischio estinzione dell’Iucn. Questa specie, che abita in 54 colonie dell’Antartide, è particolarmente minacciato dal riscaldamento globale che provoca lo scioglimento dei ghiacci, che lo costringerà a migrare per cercare un nuovo habitat di caccia e riproduzione. Analizzando dati storici e modelli di previsione climatica, i ricercatori hanno tracciato un’ipotesi di futuro drammatica per il pinguino imperatore: il 40 % delle colonie rischia di essere perso, e c’è il 42% di probabilità che le colonie si riducano del 90-99%, cosa che causerebbe l’estinzione della specie. Il punto di non ritorno nelle previsioni è il 2046, in quanto fino ad allora, i pinguini avranno effettuato le loro migrazioni, ma da quel punto in poi nulla li salverebbe, nemmeno la scelta accurata di un nuovo habitat. E’ stato difficile per i ricercatori studiare i pinguini data la situazione climatica estrema del loro habitat, condizione che ne garantisce per ora, ma non per molto, la sopravvivenza, a causa dello scioglimento dei ghiacci. I pinguini della terra di Adelia nell’Antartide sono stati osservati per molti anni e già nel 2001 era stato registrato un calo nella popolazione causato dallo scioglimento dei ghiacci, ed era già stato lanciato un appello nel 2012 per l’inserimento di questa specie tra quelle a rischio estinzione. La Woods hole oceanographic Institution chiede anche che venga al più presto protetta dal Endangered Species Act, il documento del governo degli Stati Uniti che garantisce la salvaguardia di 2.270 specie di animali e del loro habitat, sia all’interno che fuori dal territorio statunitense.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

Stephen Hawking: la Terra diventerà come Venere

L’astrofisico Stephen Hawking, criticando la scelta del presidente Trump di ritirarsi dagli accordi di Parigi, lancia quella che potrebbe essere più di una provocazione; Hawking sostiene che la terra potrebbe, in un futuro, a causa dell’assenza di politiche di riduzione dei gas serra, raggiungere una temperatura di 250 gradi con presenza di piogge di acido solforico, molto simili a quelle che si verificano su Venere. La “stella del mattino”, con ogni probabilità era, in origine, molto simile alla terra, ma si è degradata col tempo a causa delle emissioni di anidride carbonica. Oggi è un inferno di vulcani attivi, tempeste di fulmini e nuvole opache, la cui temperatura raggiunge i 450 gradi e la cui pressione è 100 volte quella della terra. Che sia lo specchio del nostro potenziale destino se non riduciamo le emissioni di CO? Pare di sì e Hawking aggiunge di più: l’unica speranza per l’uomo è la costruzione di colonie nello spazio.

A cura di M.B.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

La Germania “ammorbidisce” il climate plan per il G20 di Amburgo

La cancelliera Merkel ospiterà ad Amburgo il G20, e nell’occasione sarà presentato un piano d’azione per il clima che ha subito delle forti modifiche dopo lo scontro tra Trump e Merkel in Marzo: la Germania infatti ha deciso di ammorbidire le condizioni stabilite precedentemente per garantire comunque un’inclusione degli USA.

Cosa è sparito dunque dalla bozza finale del climate plan per il G20?

  1. Il 2025 come limite massimo per la fine delle sovvenzioni all’industria del carbone.
  2. Riferimenti al rischio di “risorse bloccate”.
  3. Il richiamo ad adattare la pianificazione di infrastrutture e spesa pubblica agli obiettivi siglati a Parigi.
  4. La richiesta di determinare il prezzo del carbone.
  5. La richiesta di presentare un progetto entro il prossimo anno che preveda una decarbonizzazione da completare entro metà secolo.

Questi sono i punti salienti che sono stati rimossi, nello specifico tutto ciò che fa riferimento alle emissioni zero entro metà secolo e la decarbonizzazione delle infrastrutture. Si fa persino riferimento a combustibili fossili “puliti” e della transizione energetica alle rinnovabili non si fa menzione esplicita. Il linguaggio utilizzato è decisamente meno ambizioso e diretto rispetto alla versione precedente, e non sono solo gli Stati Uniti a beneficiarne. L’Arabia Saudita e la Russia beneficiano dell’omissione del riferimento alla fine delle sovvenzioni per il carbone. Risulta particolarmente inquietante la definizione di combustibili fossili “puliti”, una vera vittoria per Trump, che sostiene l’industria delle miniere di carbone nel suo paese per ragioni elettorali. La Germania continua a sostenere di voler dare un forte segnale di implementazione delle politiche a favore dell’ambiente e che il tempo delle negoziazioni sia giunto al termine..ma è veramente così? Parrebbe proprio di no, in quanto tutti gli addetti ai lavori sostengono che la persuasione e il dialogo con gli USA continua e deve continuare sul tema del clima, nonostante le dichiarazioni di Trump, poiché il vi è il rischio, escludendo gli USA una volta per tutte, che la Cina eserciti troppa influenza sull’accordo di Parigi.

A cura di M.B.

DA CLIMATE CHANGE NEWS

Il riscaldamento globale impoverirà gli USA

Uno studio delle prestigiose università americane di Berkeley, Chicago e Rutgers, pubblicato sulla rivista Science, sottolinea che il cambiamento climatico non solo impatterà sull’ambiente, ma anche e pesantemente, sulle tasche dei cittadini americani, specialmente quelli degli stati del sud. A pagare il prezzo più alto del riscaldamento globale saranno i cittadini poveri del sud e del Midwest, proprio quelli che hanno portato Trump alla Casa Bianca e che il presidente, da poco eletto, ha prontamente tradito ritirandosi dagli accordi di Parigi. Perché se da un lato Trump rivendica di fare l’interesse dei propri elettori continuando a favorire l’industria dei combustibili fossili, di fatto li sta rovinando, in quanto a lungo termine il clima, sempre più caldo negli stati del sud, mangerà del 20 % in media il reddito dei cittadini di quegli stati. Vi sarà un passaggio rapido ed iniquo di risorse dai più poveri ai più ricchi, che aumenterà la diseguaglianza sociale. L’agricoltura entrerà in una crisi simile a quella dei tempi del “Dustbowl” degli anni ’30, la salute pubblica peggiorerà ed eventi estremi come uragani e tempeste saranno più frequenti, con l’ingente danno economico che porteranno con sé. Purtroppo secondo le previsioni, l’economia americana potrebbe perdere per ogni grado di aumento della temperatura globale 1,4 punti del PIL. Tuttavia il dato peggiore è quello sul reddito dei cittadini, che nelle regioni a clima “mite” e tradizionalmente democratiche subirà un calo tra lo 0 e il 5 %, mentre nelle regioni povere, roventi e conservatrici del sud, ci sarà un calo dall’8 al 25%.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”