La politica di Trump e i mutamenti climatici

Facciamo parlare gli esperti più impegnati sull’effetto serra, come fa Federico Rampini che intervista lo scienziato italiano Marco Tedesco, consulente della Nato e docente alla Columbia University di New York nello Earth Insitute (uno dei più importanti poli mondiali di scienze ambientali). Citiamo due delle domande e risposte, che ci sembrano molto significative, nell’occasione della giornata mondiale della Terra:

D-Quanto danno può fare l’Amministrazione Trump all’ambiente in cui viviamo ?

R- Tanto, troppo. Anche l’aggiunta di una quantità relativamente limitata di CO2 rispetto agli scenari precedenti, può scatenare  reazioni del clima i cui effetti si sentiranno molto a lungo. I processi di cambiamento climatico oltre una certa soglia raggiungono il punto di non ritorno, diventano incontrollabili. E lui sta accumulando decisioni dannose: dal via libera agli oleodotti, alla deregulation che elimina restrizioni sulle emissioni di centrali elettriche o automobili. Tutto questo aumenterà il fattore stress sul pianeta. Va ricordato che con Barack Obama eravamo sulla buona strada, sì, ma non sulla strada ottimale. Vedo anche un altro attacco alla scienza: il tentativo di creare delle task-force cosiddette indipendenti, per mettere sotto controllo la comunità dei ricercatori. E’ un progetto che vuole spostare i finanziamenti verso think tank legate alle lobby del petrolio. Un’altra minaccia: la fuga in avanti verso la geo-ingegneria, il tentativo di manipolare il clima, con progetti controversi come il lancio di solfati che raffreddino l’atmosfera. Esperimenti piene d’incognite, di pericoli, di conseguenze inattese.

D- Le sue ricerche sul campo la portano a vivere per mesi alle latitudini più estreme, le zone ghiacciate del pianeta dove spesso gli effetti del cambiamento climatico sono allo stato più esacerbato: Che conclusioni ne trae ?

R- E’ un susseguirsi di campanelli di allarme, dall’Arco alla Groenlandia continuano ad esserci record battuti. Il permafrost, lo scioglimento delle nevi, i ghiacciai marini, le correnti nei fiordi, e tutto un sistema che ci sta dicendo quanto è avanzato l’impatto del cambiamento climatico.

A cura di D.C.

DA “LA REPUBBLICA”

Il cambiamento climatico “ruba” un fiume in Canada

Il cambiamento climatico sta modificando persino la geografia, alterando da un anno all’altro un paesaggio che ha impiegato millenni a formarsi. Slims River, in Yukon, Canada, è letteralmente scomparso: infatti il fiume era alimentato dal ghiacciaio Kaskawulsh, il quale però è indietreggiato di quasi due km nel corso dell’ultimo secolo, e dunque il primo, non ricevendo più acqua, si è prosciugato. Tuttavia il fiume ha scelto un altro percorso: ora viaggia verso lo Kaskawulsh River per gettarsi a sud nel Golfo d’Alaska. I geologi sono abituati alla cosiddetta “pirateria dei fiumi” ovvero il fenomeno per cui un fiume ne “cattura” un altro a causa dello spostamento della crosta terrestre, di frane o fenomeni erosivi, ma mai da una ritirata del ghiaccio che scava un canyon di 30 metri che cambia la direzione del flusso delle acque di fusione. La segnalazione proviene da foto satellitari scattate dall’università di Washington Tacoma e poi pubblicate su Nature Geoscience.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

La terra è diventata sabbia in Veneto

La prolungata siccità sta mettendo in ginocchio l’agricoltura veneta che sta vedendo il mais e il frumento crescere in un terreno sabbioso, gli ortaggi minacciati da caldo e insetti e l’irrigazione partita molto in anticipo. Gli agricoltori delle campagne del nord est lamentano la scarsità di acqua che permette a stento la crescita dei cereali, che faticano ad attecchire specialmente sui terreni argillosi. Le aziende agricole, a causa della penuria d’acqua (dall’inizio dell’anno ne è caduta al massimo 50 millimetri nella Bassa Padovana e in certe zone solo 1 millimetro) sono costrette ad irrigare con uno o due mesi di anticipo, con un inevitabile aggravio dei costi. Sono molte migliaia gli ettari di frumento, mais e soia in provincia di Padova, e sarebbe impensabile riuscire ad irrigarli tutti, ma c’è una categoria di prodotti che non può fare a meno dell’acqua: gli ortaggi di stagione. Questi ultimi vengono attaccati non solo dallo stress idrico, che impedisce loro di crescere, ma sono messi in pericolo da insetti ed escursioni termiche che favoriscono l’attacco di parassiti e malattie delle piante.

A cura di M.B.

DA “IL MATTINO DI PADOVA”

I pastori nomadi in Mongolia e cambiamento climatico

I pastori in Mongolia si ritrovano sempre più frequentemente in situazioni di difficoltà a causa dell’aumento della temperatura di 2,07 gradi centigradi negli ultimi 70 anni, che ha portato ad inverni più rigidi, venti sferzanti in primavera e riduzione nell’estensione e biodiversità dei pascoli. Nonostante tutto ciò hanno trovato una nuova strategia di resilienza per fronteggiare insieme le difficoltà attraverso la costruzione di legami comunitari, cosa insolita per i nomadi, e questo è un esempio concreto di adattamento e mutazione dell’assetto sociale a causa del cambiamento climatico.

A cura di M.B.

DA “LA REPUBBLICA”

La grande sete assedia il Nord

In Veneto i contadini lanciano l’allarme siccità: non piove da Gennaio, l’Adige è in secca (da una portata media di 80 m³ d’acqua al secondo si è passati a 37) e il Po è ai livelli dell’inizio dell’estate 2016. L’Adige è talmente privo d’acqua che il mar Adriatico risale il suo corso per 5 km, spargendo il suo sale sulla terra delle campagne ormai diventata sabbiosa. La Regione Veneto sta per dichiarare lo stato di crisi per siccità, essendo la regione da questo punto di vista più sofferente in assoluto: la Coldiretti infatti ha stimato un calo delle precipitazioni del 53 % e la temperatura è 2,5 gradi sopra la media stagionale. Tutto ciò si ripercuote sull’agricoltura della Pianura Padana, con i contadini che devono irrigare i loro campi in anticipo di ben due mesi e ciò significa per i consumatori prezzi della verdura alle stelle. A monte le cose non vanno meglio, in quanto la temperatura è di 3 gradi superiore alla media stagionale, sulle Dolomiti e le Prealpi quest’inverno si è vista ben poca neve e non essendosi accumulato ghiaccio, manca l’acqua che veniva dal disgelo e fluiva a valle. Scarseggia l’acqua per le piante da frutto sulla Strada dei Vivai, che si seccano facilmente, non hanno linfa per germogliare. Verso Chioggia e Rosolina invece, il consorzio di bonifica del Delta, Adige e Po sta monitorando maniacalmente il livello del cuneo salino che rischia di passare la barriera ed infiltrarsi nelle acque destinate ai campi e persino nelle acque delle case (come avvenuto nel 2007, solo che era estate). Nelle aree boschive infine c’è un alto rischio di incendi. L’unico modo di fronteggiare quello che si preannuncia come uno stato di crisi è quello di lavorare in sinergia tra regioni del nord, collaborando per non sprecare un bene sempre più raro per tutti: l’acqua.

A cura di M.B.

DA “LA STAMPA”