Riserve ittiche ai minimi

L’ONU continua a denunciare il depauperamento dei mari, saccheggiato da mezzo secolo di pesca selvaggia: la situazione rischia di trasformarsi presto in un disastro ambientale con il 90% delle riserve ittiche con un surplus di pescato. Oltre al danno per l’ecosistema ci sarebbero pesanti ripercussioni su coloro che lavorano nel settore della pesca, per il 97% nei paesi in via di sviluppo (in totale 60 milioni di persone). Per questo motivo nel 2015 nell’ambito dell’Agenda 2030, 193 nazioni si sono impegnate a sottoscrivere 17 “Sustainable Development Goals” tra cui “Life Underwater”, l’articolo numero 14, volto alla protezione della fauna e la flora marina. In quella sede è stato stabilito che l’unico metodo efficace per mettere un freno allo scempio dei mari è il taglio dei sussidi alla pesca entro il 2020. Le agevolazioni sul gasolio marino portano alla formazione di flotte sempre più grandi, colossi che sono responsabili dell’85% del pescato mondiale ma che danno lavoro solo al 10% dei pescatori, mentre solo le briciole vengono lasciate al restante 90%, i più poveri proprietari di modesti pescherecci, i meno responsabili dunque per il disastro ambientale causato nei mari. Il punto della situazione lo si è fatto lo scorso luglio in una due giorni a Ginevra, l’Oceans Forum, dove ONU e FAO agiscono da coordinatrici. La priorità è continuare sulla strada dei tagli ai sussidi, ma molti paesi sembrano essersi già messi sulla strada giusta, come Malta, Maldive, Ecuador e Perù, che stanno incrementando le buone pratiche per la pesca sostenibile e puntando su settori alternativi come acquacultura e produzione di alghe per consumo alimentare.

DA “La Stampa”

A cura di M.B.

Accordo Ue: entro il 2030 consumi di rinnovabili al 32% del totale

Nuovi obiettivi nella corsa verso le rinnovabili sono stati fissati da Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo, che hanno dato il via libera alle otto proposte legislative del pacchetto Energia Pulita, approvato nel 2016. Finora solo la direttiva sul rendimento energetico dell’edilizia è stato adottato. Ora si è passati, con i nuovi obiettivi, dal 20 al 32% di produzione di energie rinnovabili, al sostegno all’autoconsumo da parte dei singoli cittadini e allo stop all’utilizzo dell’olio di palma nei biocarburanti. L’UE si adegua e vuole dare una spinta decisa alla transizione energetica dagli idrocarburi al fotovoltaico e all’eolico; oltre a ciò la UE ha deciso di sostenere l’autoproduzione di energia fotovoltaica dei piccoli impianti domestici, connessi con le reti locali e di accumulo. Non solo ci saranno agevolazioni economiche, ma anche uno snellimento delle procedure amministrative. I target sono stati rivisti al rialzo, cosa che, si legge in una nota della Commissione, porterà l’Europa a diventare leader globale nella lotta al cambiamento climatico. Purtroppo la realtà è lontana dalle previsioni ottimistiche e le belle parole della Commissione UE: nel documento infatti non si fa alcun cenno all’uscita dal carbone (importante quanto l’implementazione delle rinnovabili) a causa della resistenza di Germania e Polonia in particolare, la cui economia si basa molto ancora su di esso. Inoltre la spinta alle rinnovabili è data dai paesi asiatici per ora, con la Cina in testa.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Un iceberg per Città del Capo

Nick Sloane, coordinatore delle operazioni di recupero della Costa Concordia al largo dell’isola del Giglio e “salvage master” di fama internazionale, ha proposto di trasportare un iceberg per 1200 miglia dall’Antartide alle coste sudafricane per risolvere l’emergenza idrica a Città del Capo, a cui mancano 100 litri al giorno per coprire il fabbisogno della popolazione. Attualmente sta lavorando con un team di glaciologi ed esperti per valutare la fattibilità dell’intervento, che presenta non poche difficoltà: solo una piccolissima percentuale di iceberg è in posizione favorevole per un trasporto e durante quest’ultimo l’iceberg potrebbe sciogliersi per il 30%. Per non parlare di come rendere l’acqua dell’iceberg potabile e portarlo alla terraferma. Certo l’intervento sarebbe decisamente più economico e meno impattante di una desalinizzazione dell’acqua marina e l’iceberg potrebbe essere conservato solo in caso di necessità. Purtroppo Città del Capo non è l’unico punto colpito dalla terribile siccità che ha interessato il Sudafrica negli ultimi anni e difficilmente la soluzione potrà accontentare tutti.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Il boom del fotovoltaico in Cina

La velocità con cui procede il boom del fotovoltaico in Cina sorprende persino gli analisti, con un 22% in più di potenza solare installata nel primo trimestre del 2018 rispetto al primo trimestre del 2017 con un totale di 9,5 GW, di cui solo 1,97 dai grandi impianti e ben 7,68 da impianti di piccola taglia. I piccoli produttori quindi sono sempre più incentivati in Cina a vendere la loro elettricità e metterla in rete, e a crescita per questo particolare segmento rispetto al 2017 è del 217%.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Investimenti in solare superano gas e carbone nel 2017

Gli investimenti in impianti fotovoltaici hanno superato quelli per gas e carbone nel 2017, un vero primato per la Cina, leader del settore, seguita da USA ed Europa, che dopo il boom tirano il fiato. 200 miliardi spesi in impianti fotovoltaici, una cifra da capogiro, con aumento di investimenti del 18% dal 2016. I gigawatt installati in totale producono energia superiore al nucleare e i combustibili fossili (oltre alle altre rinnovabili) messi insieme. Questo boom straordinario è dovuto principalmente alle politiche di governo di Pechino, con più di metà dei fotovoltaici al mondo installati in Cina nel 2017, che spinto da motivi di sicurezza ambientale e di salute per i cittadini, ha optato per il solare come fonte rinnovabile. Ma la Cina non è solo in testa per il solare, ma per le rinnovabili in generale: eolico, idro, biomasse e geotermia. L’aumento di investimenti è costante, 126,6 miliardi di dollari nel 2017, con aumento del 31% rispetto all’anno precedente. Anche l’Australia si è data da fare per le energie verdi (8,5 miliardi, più 147%), la Svezia (3,7 miliardi, più 127%) e il Messico, che ha premuto al massimo l’acceleratore con più 810% in solo un anno.

In USA ed Europa la crescita continua con qualche tentennamento (UK e Germania sono risultate in calo), così come in Giappone, ma il trend è chiaro. Sono stati investiti complessivamente 2700 miliardi di dollari nel 2017 per le rinnovabili nel mondo.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.