Il cambiamento climatico ci farà ammalare

Le attuali criticità ambientali, se non gestite in breve tempo, potrebbero portare a problemi di salute per milioni di persone: l’inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua oltre alle ondate di calore potrebbe causare epidemie e mancanza delle risorse di sussistenza basilari. La nostra salute fisica e mentale dipende dall’integrità degli ecosistemi sulla terra, attualmente minacciati dall’azione umana. La qualità della vita, se non si affronta presto con misure incisive il cambiamento climatico, verrà profondamente intaccata, specialmente quella delle categorie fragili. Tutto ciò è stato affermato con forza dall’ISS in un recente summit internazionale di medici, biologi ed epidemiologi svoltosi a Roma, dal quale scaturirà un documento in cui si parlerà non solo degli effetti del surriscaldamento sugli ecosistemi ma anche sulla salute umana.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Le microplastiche nel nostro corpo

Una ricerca condotta dall’Agenzia per l’Ambiente austriaca ha appurato la presenza di polimeri delle microplastiche nelle feci umane; dopo i gabbiani, i pesci e il sale marino, la conclusione scientifica inevitabile è arrivata, ovvero che anche noi siamo contaminati. Forse addirittura il 50% degli esseri umani porterebbe nel proprio corpo tracce di microplastiche. Le particelle rinvenute vanno dai 5 ai 500 micrometri e sono state trovate in un campione di 8 persone provenienti da Europa, Russia e Giappone, non vegetariane. Su 10 varietà di microplastiche ne sono state attestate 9 nei corpi dei partecipanti e le tipologie più comuni sono polipropilene e polietilene tereftalato. 20 particelle ogni 10 grammi di feci in media. Le microplastiche sono capaci di inserirsi nel flusso sanguigno e linfatico, raggiungendo l’apparato intestinale causando potenzialmente malattie. Ridurre l’utilizzo della plastica è necessario, e le grandi responsabili sono le multinazionali soprattutto del settore alimentare e cosmetico, le quali devono impegnarsi a non utilizzare più imballaggi non riciclabili. Aziende quali Coca Cola, Unilever, Mondelez, Pepsico, Kraft Heinz, Procter & Gamble, Mars, Nestlè, Danone e Colgate Palmolive, secondo un sondaggio di Greenpeace, non condividono oppure non conoscono la quantità di imballaggi prodotti e la fine del loro ciclo di vita. Sebbene abbiano tra le loro politiche la riciclabilità degli imballaggi, nessuno sforzo economico a monte è stato fatto per incrementare questo aspetto e nessuno studio su sistemi alternativi di consegna e distribuzione.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

 

ONU: con la fame rischia una persona su nove

Il rapporto 2018 della FAO in collaborazione con ONU e Oms, oltre ad altre organizzazioni umanitarie, lascia poco spazio all’ottimismo: una persona su nove al mondo soffre la fame, ovvero 821 milioni di persone. Un rimbalzo negativo partito nel 2016, in quanto nei primi anni del terzo millennio vi era stata una diminuzione. I primi ad essere colpiti sono i bimbi sotto i cinque anni, scheletrici e con la pancia gonfia: sono 50 milioni i bambini denutriti e 151 milioni hanno subito un rallentamento della crescita per fame, principalmente in Africa subsahariana e in alcune parti dell’Asia. Un altro dato ci mostra l’altro lato della medaglia: 38 milioni di bambini sovrappeso nei paesi più ricchi. Non è una contrapposizione sterile quella mostrata, anzi: mostra come il mercato non sappia fornire abbastanza agli uni e fornisca alimenti vuoti di nutrienti e solo ricchi di zuccheri raffinati e grassi, quindi dannosi, agli altri. Anche l’obesità tra adulti è in aumento: una persona su otto al mondo è gravemente obesa. Le statistiche peggiori si concentrano tra Nord America, Africa e Asia. La denutrizione è aggravata da guerre endemiche e cambiamenti climatici, che danneggiano le popolazioni più fragili impegnate in attività tradizionali come l’agricoltura. A meno che non ci si impegni maggiormente, perlomeno sul fronte climatico, l’obiettivo di debellare la fame nel mondo entro il 2030 sarà irraggiungibile.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

West Nile: 975 casi in Europa

Il Centro Europeo per il controllo delle Malattie ha contato ben 975 casi di febbre del Nilo occidentale in Europa, con la stragrande maggioranza in Italia (327 casi) seguita da Serbia, Grecia, Romania e Ungheria. Ma ci sono stati alcuni casi anche in Israele, Francia e Austria. Il maggior numero di decessi si è registrato in Serbia, Grecia e Italia, ma i morti non sono aumentati rispetto ad epidemie precedenti; in Italia West Nile ormai è endemica da dieci anni, ma le temperature più alte e il prolungamento del caldo fino a ottobre inoltrato hanno aumentato i casi.

DA “LA REPUBBLICA”

A cura di M.B.

Cifre sempre più allarmanti per l’inquinamento

La cifra che periodicamente tira fuori l’Oms per segnalare la pericolosità dell’inquinamento, ovvero 4 milioni di morti all’anno, purtroppo va vista al rialzo, anzi: va più che raddoppiata, perché i morti sono 8,9 milioni l’anno. La nuova cifra è stata pubblicata sulla rivista Pnas da un consorzio mondiale di scienziati che al posto del modello di calcolo tradizionale ha sperimentato uno studio su gruppi da una cinquantina di persone sparsi per il mondo che periodicamente forniscono informazioni circa la loro salute con esposizione a inquinamento e rischi correlati. Non è uno studio fatto di approssimazioni con dati mescolati sul fumo di sigaretta, stufe a carbone e polveri sottili: lo studio è dato dalla reale concentrazione di queste ultime, presente nel 97% dei territori abitati, che siano campagne o città. Le cause più frequenti di morte dovute a inquinamento sono ictus, tumori al polmone e ostruzioni e infezioni delle vie respiratorie. Altre due malattie nella lista potrebbero sorprendere: sono il diabete e la demenza, che recenti studi hanno collegato all’inquinamento, che giocherebbe un ruolo pesante sulla gravità di esse. Infatti uno studio cinese ha appurato che vi è un collegamento tra il declino mentale e l’inquinamento atmosferico. Allo studio hanno partecipato anche organizzazioni come l’Oms, che sottolineano come le morti evitabili siano aumentate del 120% per quel che riguarda l’inquinamento e che dunque basterebbe una politica più incisiva nel passaggio ad energie pulite per poter salvare vite umane. I morti per inquinamento sono più di quelli causati dal fumo e la distribuzione dei morti è collegata al livello di industrializzazione: i paesi in ascesa industriale come Cina, India e quelli del Medio Oriente contano 5 milioni di morti, mentre in Europa e USA ci si attesta tra i 230 e i 440 mila.

DA “IL CORRIERE DELLA SERA”

A cura di M.B.