ARGOMENTARE CON I FATTI

Argomentare con i fatti
Appunti di “scienza” del sapere politico ed elogio dell’oggettività, nell’era del disastro climatico

Di Domenico Ceravolo

Edito da Edizioni Libreria Progetto Padova

Il posizionamento politico, fondamentale in una fase storica senza precedenti.
Naturalmente mi sono interrogato parecchie volte sull’utilità di questo terzo libro. Credo che possa aggiungere qualcosa ai primi due. Al primo, mirato a porre al centro la drammaticità dei mutamenti climatici: “se questa drammaticità non preoccupasse molti, e molto, e anche me, la presente ricerca non avrebbe luogo”: a configurarla come mutazione epocale che sottopone le culture ad una revisione radicale e anche brutale, per verificare, a tu per tu con l’azione, quante di esse siano in grado di reggere alla pressione selettiva degli eventi: e a trovare il “senso di marcia”, per evitare un micidiale smarrimento generale.
Al secondo libro, scritto sul filo dello sgomento di fronte a filosofi che si dichiaravano incompetenti sui problemi scientifici, anche quando questi non sono altro che problemi di cultura fondamentale. Se si afferma che la Terra gira non è problema “scientifico” ma umanistico. Lo scopo resta dunque di comprendere meglio il mondo, che noi conosciamo pallidamente, e che ci sta precipitando addosso, senza che illustri protagonisti della scena colgano che si tratti del peggiore disastro planetario che colpisca i popoli nell’era contemporanea.
Evidentemente c’è un problema culturale di fondo sul modo di raccontarci le cose, che ci impedisce di valutare l’estrema gravità della situazione, e che ci rende ciechi politicamente. C’è infine, ed è poi il principale obiettivo, l’arduo problema di passare dalle parole ai fatti, quando ci saremo resi conto, parlandone apertamente, della tremenda realtà. Ad esso è collegata infatti la necessità di orientare milioni di persone che, insieme, restano la speranza di poterci muovere tutti come una grande forza, l’unica capace di determinare risultati nel più breve termine.

Domenico Ceravolo è autore del “Senso di marcia e la speranza” con prefazione di Edoardo Boncinelli (2014), e de’ “L’idea pallida che abbiamo del mondo” (2018).

La pallida idea che abbiamo del mondo

La pallida idea che abbiamo del mondo

Di Domenico Ceravolo

Edito da Edizioni Libreria Progetto Padova

Occorre fare i conti con una cultura dominante che ha già ignorato l’avvio di questo gigantesco processo e continua ad ignorarlo, lungo vari filoni ideologici che cercherò di identificare, almeno fra i maggiori. C’è dunque una lotta culturale che deve accompagnarsi alle scoperte indicate dall’evoluzione della realtà naturale. Nessuna illusione che la configurazione di questo gigantesco processo perturbativo, che entra nella nostra vita, basti da solo per correggere la visuale con cui vediamo il mondo e per partire tutti, per la prima volta, dal basso, dai “problemi concreti”, come si suol dire. Avverrebbe troppo tardi quando, secondo le preoccupazioni di molti scienziati, il drammarico evento avrà raggiunto la sua soglia devastante ed irreversibile. Anzi sembra che le cose si stiano già “registrando” su questo asse formativo. In realtà dobbiamo dunque, al più presto, impegnarci a sciogliere gradualmente un viluppo culturale estremamente intricato e intrigante. Ho potuto constatare quanto sia arretrato il nostro sguardo politico, che non siamo stati “liberi” di ampliare, man mano che grandi eventi storici ci sono passati addosso. E qui ho capito l’importanza di “aggiungere” al pensiero tradizionale un coefficiente nuovo e decisivo. In altri tempi storici il fattore della realtà oggettiva, il mondo in cui viviamo biologicamente e socialmente, da inserire nella nostra visuale, sarebbe stato, come in effetti è stato, un affare di filosofia senza fine, per definire che siamo noi e che cosa è la natura: un pensiero senza direzione di marcia verificabile. Oggi però, una circostanza perentoria, la prima catastrofe planetaria di origine atropica, ci sovrasta con prepotenza e c’impone, in tempi e luoghi determinati, di reagire politicamente con urgenza. Si definisce sempre meglio l’area del che fare. L’iniziativa politica, che oggi è ingarbugliata in mille pensieri caduchi, deve trovare la via più breve verso l’obiettivo, che non è più, purtroppo, di impedire, in termini preventivi, la catastrofe, bensì di minimizzare i costi in termini di sofferenze umane e sociali. Che, guardato sotto il profilo del rilancio di una nuova politica, da tutti invocata, è quanto di più umanitario e democratico si possa immaginare.

Domenico Ceravolo, è autore del saggio Il senso di marcia e la speranza che ha ricevuto la prefazione di Edoardo Boncinelli. Ora pubblica La pallida idea che abbiamo del mondo, sempre sulla preoccupazione della grave sfida che l’effetto serra costituisce per la politica, impreparata ad affrontarlo, perché prigioniera degli stessi schemi culturali che hanno permesso l’incubazione del primo disastro planetario causato dall’uomo.

Mind time. Il fattore temporale nella coscienza

Mind time

Il fattore temporale nella coscienza

Di Benjamin Libet

Edito da Raffaello Cortina Editore

Presentazione

Immaginiamo un dialogo tra un grande filosofo del Seicento e un prestigioso scienziato nostro contemporaneo. Monsieur Descartes: “Penso ci siano pochi dubbi sull’esistenza di una libera scelta nel corso delle nostre azioni!”. Benjamin Libet: “Ma noi abbiamo scoperto che il cervello è pronto per un’azione volontaria circa mezzo secondo prima che la persona diventi consapevole in modo cosciente della sua intenzione!”. Descartes: “ Resta una qualche possibilità al nostro libero arbitrio?”. Libet: “Sì. L’intenzione cosciente appare circa 150 millisecondi prima”. E’ tutta una questione di tempo, del tempo della mente” (Mind Time). In questo libro Libet ripropone l’antico problema della connessione tra il mentale e il fisico, e la non meno spinosa questione del libero arbitrio. Siamo davvero soggetti responsabili, capaci di scegliere? O siamo solo sofisticati “automi” prodotti dall’evoluzione naturale? Anche una pietra che cade da una torre lungo una verticale potrebbe “pensare” di essere libera, ma sarebbe solo un’illusione. L’ardua risposta, per Libet, va cercata nelle conquiste della ricerca sperimentale, per quanto lui stesso non abbia paura di sconfinare nel campo più elusivo dell’etica.

Benjamin Libet è professore emerito di Fisiologia alla University of California di San Francisco.

Galileo. Le opere e i giorni di una mente inquieta

Galileo. Le opere e i giorni di una mente inquieta

Di Enrico Bellone

Edito da Le Scienze

Presentazione

Nella cultura diffusa, esistono diverse immagini di Galileo. La più nota è quella secondo la quale egli fu il padre del metodo sperimentale: eppure, prima di Galileo, generazioni di astronomi o di anatomisti avevano fatto buon uso di un sapere fondato proprio sulla sperimentazione. Una seconda immagine ci invita a vedere un galileo che contribuisce alla nascita della scienza moderna non sulla base di esperimenti che sarebbero stati irrealizzabili nella prima metà del Seicento, ma sulla base di una filosofia che raffigurava un mondo scritto in linguaggio matematico: eppure, prima di Galileo, moltissimi intellettuali si erano ispirati a Platone senza tuttavia scoprire le nuove leggi della meccanica o i primi satelliti di Giove. Queste due immagini sono troppo unilaterali. Vero è che prima di Galileo la conoscenza scientifica era spesso ancorata all’esperienza e alla misura, ma è anche vero che Galileo seppe trovare rapporti originali tra osservazione e teoria. Vero è che certi esperimenti galileiani, pur apparendoci semplici, sono difficili da realizzare con le tecniche del Seicento, ma è altrettanto vero che lo scienziato pisano era un eccellente uomo di laboratorio il quale sapeva, di volta in volta, superare le difficoltà pratiche con accorgimenti la cui genialità non finisce di stupirci. Si tratta, allora, di rileggere l’opera galileiana senza eccedere nel privilegiarne la componente sperimentale a scapito di quella teorica, e senza dimenticare che la struttura della teoria di Galileo era meno potente di quanto spesso si immagina.