Crisi Economico-Sociale

 

MIGRAZIONI

La migrazione è un fattore evolutivo fondamentale, da sempre. Sulla superficie instabile del nostro pianeta, tra incessanti cambiamenti climatici, migrare diventa una strategia essenziale di adattamento e di flessibilità. Gli animali migrano in modo irreversibile oppure in modo ciclico e stagionale. Le specie umane vissute negli ultimi 6 milioni di anni non hanno fatto eccezione: si sono spostate, hanno vagato per altipiani e vallate dell’Africa orientale e meridionale e poi, con la comparsa del genere Homo, hanno dato inizio a una straordinaria sequenza di migrazioni fuori dall’Africa che le hanno portate in 2 milioni di anni ad abitare tutti i continenti tranne l’Antartide. Homo sapiens fino a poche decine di migliaia di anni fa ha condiviso la Terra con almeno altre tre forme umane, migrate anch’esse precedentemente fuori dall’Africa. La migrazione ha influenzato la lenta evoluzione biologica e accelerato l’evoluzione culturale della specie camminatrice anche durante il percorso, anche rispetto alle altre specie incontrate sulla via.

Siamo migranti quindi, da sempre pur con modalità diverse: prima adagio e inconsapevolmente, poi più velocemente e avendo l’intenzione di farlo; prima solo sul suolo, poi anche con le idee, ancora poi attraverso strade, mari, cieli; prima soprattutto con spostamenti forzati, dal clima e da altre impellenze di sopravvivenza, poi sempre più per una scelta pianificata. Per quanto irregolare e multiforme, si può ricostruire un’evoluzione delle migrazioni umane, fin quando l’umanità riuscì ad addomesticare piante e animali per accrescere e accumulare la produzione di cibo . La popolazione crebbe come mai prima, le società si stratificarono, nuovi flussi migratori ripartirono in cerca di altre terre da coltivare, rimescolando di continuo le carte della storia e della geografia umana sul pianeta. Dalla fine dell’ultima glaciazione, con la svolta della coltivazione e dell’allevamento, che ha avuto origine in luoghi e tempi differenti, Homo sapiens è stato in grado di alterare per i propri fini espansivi le nicchie ecologiche che incontrava, non limitandosi a adattarsi agli ambienti, ma trasformandoli. Sarebbe tuttavia un’illusione pensare di essersi emancipati dai vincoli ecologici:ancora oggi le costrizioni che portano a migrare sono sia politiche che ambientali. In questo libro proviamo a tracciare i lineamenti di un atlante globale, storico e geografico, delle migrazioni umane, letto per la prima volta in una chiave evoluzionistica, perché pensiamo che non abbia alcun senso interpretare i flussi migratori contemporanei come se fossero un evento eccezionale, una contingenza del momento, un’emergenza. Il tempo profondo dell’evoluzione insegna il contrario: il fenomeno migratorio umano è strutturale e costitutivo della nostra identità di specie. E’ significativo che discipline scientifiche diverse segnalino di continuo le migrazioni, ma manchi una teoria del fenomeno migratorio. Eppure spunti per una teoria evoluzionistica delle migrazioni si trovano già in Charles Darwin. E’ una traccia per un’analisi interdisciplinare tutta da costruire, per studiare meglio periodi, territori, comunità, percorsi, gradi di libertà e forze di costrizione. Con la nascita dei confini tra Stati nazionali, con le migrazioni di massa intercontinentali via mare, con l’imperialismo e poi la globalizzazione del sistema economico capitalistico,le migrazioni umane sono diventate un fenomeno estremamente più complesso. Si migra ovunque anche per sfuggire a nuove forme di violenza di altri umani, si migra per sfuggire agli effetti nefasti di un’economia predatoria che altera il clima globale e depaupera gli ecosistemi. La rete migratoria viene alimentata da bisogni materiali e aspirazioni immateriali. Chi può permetterselo considera ormai coessenziale alla propria vita una piena libertà di migrare, un proprio diritto. Spesso sentiamo prevalere egoismi nazionali e paure alimentate ad arte. Senza cogliere il quadro d’insieme, sociale e geografico. Perdiamo di vista chi continua a non migrare e soffre sempre di più nelle sue terre non avendo il diritto di restare, chi continua a migrare all’interno del proprio paese fra grandi diseguaglianze, chi è costretto a migrare volente o nolente dalle troppe emissioni dei gas serra. Un processo così radicato nella storia e nella geografia dell’evoluzione umana può essere governato soltanto con lungimiranza e con il senso alto di una politica intesa come lo stare insieme in vista di un’attività comune e di un futuro aperto. Solo una politica così eticamente e razionalmente motivata potrà contrastare il più possibile le migrazioni forzate, riconoscere appieno l’esistenza dei rifugiati climatici, favorire la libertà di migrare insieme al diritto di restare nella terra in cui si è nati.

Introduzione da “Libertà di migrare” a cura di Valerio Calzolaio e Telmo Pievani

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